La povertà educativa è la condizione in cui un bambino o un adolescente si trova privato del diritto all’apprendimento in senso lato, dalle opportunità culturali e educative al diritto al gioco. Povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda.
Definizione
Un minore è soggetto a povertà educativa quando il suo diritto ad apprendere, formarsi, sviluppare capacità e competenze, coltivare le proprie aspirazioni e talenti è privato o compromesso. Non si tratta quindi di una lesione del solo diritto allo studio, ma della mancanza di opportunità educative a tutto campo: da quelle connesse con la fruizione culturale al diritto al gioco e alle attività sportive. Minori opportunità che incidono negativamente sulla crescita del minore. Generalmente riguarda i bambini e gli adolescenti che vivono in contesti sociali svantaggiati, caratterizzati da disagio familiare, precarietà occupazionale e deprivazione materiale. Il concetto di povertà educativa è comparso nella letteratura nel corso degli anni ’90, ed è stato poi ripreso da organizzazioni non governative (in particolare Save the Children) e governi nella definizione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza.
Dati
Trattandosi di un fenomeno complesso, non è semplice darne una misurazione sintetica. La povertà educativa riguarda infatti diverse dimensioni (opportunità culturali, scolastiche, relazioni sociali, attività formative) che devono essere tenute in relazione tra loro. Alcuni dati però possono aiutarci a contestualizzare. In Italia il 12,5% dei minori di 18 anni si trova in povertà assoluta. Significa che oltre 1,2 milioni di giovani vive in una famiglia che non può permettersi le spese minime per condurre uno stile di vita accettabile. Di questi, mezzo milione abita nel mezzogiorno. Un disagio economico che spesso si traduce in divario educativo. I più recenti dati Ocse-Pisa elaborati dall’Università di Tor Vergata per Save the Children ci indicano come i ragazzi delle famiglie più povere abbiano risultati in lettura e matematica molto inferiori ai coetanei. Non raggiungono le competenze minime in matematica e lettura il 24% dei ragazzi provenienti dalle famiglie più svantaggiate, contro il 5% di quelli che vivono in famiglie agiate. Un fenomeno negativo, perché porta le disuguaglianze economiche, educative, culturali e sociali a tramandarsi dai genitori ai figli. Il 61% dei 15enni del quartile socio-economico e culturale più alto ha raggiunto un livello di competenze che gli consentirà un apprendimento lungo tutto il resto della vita. Questa percentuale scende al 26% tra i ragazzi del quartile più basso. Ulteriori dati ci aiutano a contestualizzare la mancanza di occasioni educative, culturali e sportive tra i minori: il 53% non ha letto libri l’anno precedente, il 43% non ha praticato sport e il 55% non ha visitato musei o mostre.
Analisi
I dati mostrano come povertà economica e povertà educativa si alimentino a vicenda, perché la carenza di mezzi culturali e di reti sociali riduce anche le opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative, costituendo un ostacolo oggettivo per i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate. Questa condizione nel breve periodo mina il diritto del minore alla realizzazione e alla gratificazione personale. Nel lungo periodo, riduce la stessa probabilità che da adulto riesca a sottrarsi da una condizione di disagio economico. Per questa ragione investire sulle politiche per l’infanzia e adolescenza e nella lotta alla povertà educativa è un investimento di lungo periodo, da monitorare anche in chiave territoriale.